Nuovo Governo e Legge 107; rinnovo contrattuale: nodi aperti. Perché la Gilda ha detto no all’ accordo sulla mobilità.
| di Rino Di Meglio su Professione Docente
Quasi il 70% dei cittadini italiani ha votato no al referendum di modifica della Costituzione, provocando la caduta del Governo e, penso si possa dire senza il pericolo di essere di parte, bocciando sonoramente l’operato del Governo, ivi compresa la riforma scolastica.
Il Governo attualmente in carica, in attesa delle elezioni, sta operando in modo molto più sobrio e senza aggressività, ma in ovvia continuità con quello precedente, essendo identica la maggioranza parlamentare che lo sostiene.
Difficile quindi aspettarsi una retromarcia sulle parti peggiori della legge 107/ 2015: chiamata diretta, titolarità sugli ambiti, bonus discrezionale, licenziamento dei precari dopo 36 mesi, e le 400 ore di alternanza scuola lavoro.
L’anno scorso la mobilità caotica e basata su un algoritmo ancora segreto, il concorso non ancora concluso hanno fornito a tutti gli italiani il segno tangibile di quanto poco buona sia stata la riforma renziana della scuola.
Sul fronte del rinnovo contrattuale, siamo in realtà solo alle fasi preliminari: le leggi di bilancio non hanno stanziato ancora le risorse minime necessarie per sedersi al tavolo della contrattazione ed esiste un documento “politico” siglato a palazzo Chigi dalle confederazioni CGIL,CISL e UIL, con il quale il Governo promette per il rinnovo del contratto triennale “non meno di 85 Euro medi” e si impegna restituire un ruolo alla contrattazione.
I problemi sono sostanzialmente due: degli 85 Euro sono disponibili nelle leggi di bilancio approvate, circa una trentina, quindi bisogna reperire ulteriori risorse, operazione che non sembra semplice dopo il contenzioso con l’Unione Europea, relativo allo sforamento dei limiti di bilancio.
L’altro macigno è costituito dalla vigenza della legge cosiddetta Brunetta, che sancisce la priorità della legge sul contratto, rendendo in pratica impossibile la firma di qualunque contratto normativo.
Sono molti mesi che predichiamo, anche ai colleghi degli altri sindacati, la necessità di intervenire con una legge che definisca con chiarezza quale sono le competenze della contrattazione.
In mancanza di una norma che ristabilisca la certezza del diritto, gli impegni “politici” rischiano di essere semplice carta straccia.
Ritornando alla situazione specifica della scuola, l’anno scorso abbiamo differenziato la nostra posizione da quella delle altre organizzazioni sindacali, rifiutandoci di sottoscrivere la contrattazione sulla mobilità, quest’anno la situazione si presenta analoga.
L’amministrazione ha concesso, al tavolo delle trattative, che un numero limitato di preferenze possano essere espresse su “scuola” anziché sull’ambito. Una concessione utile per le province dove vi siano molti posti vacanti, ma praticamente inutile in quelle dove i posti scarseggiano nelle quali i colleghi saranno di fatto costretti a transitare sull’ambito e ad assoggettarsi alla chiamata del Dirigente scolastico.
Ci siamo chiesti: possiamo accettare di sottoscrivere un accordo che, sia pure in modo implicito, preveda quella chiamata diretta contro cui si è sollevata unita la nostra categoria il 5 maggio 2015?
Possiamo, con la nostra firma, avallare un trattamento diversificato per colleghi che svolgono la stessa funzione? Penso che abbiamo il dovere di continuare a lottare con coerenza e serietà per giungere all’abrogazione della legge 107/2015, o a sue modifiche sostanziali e che sia quantomeno presto per ritenere che la guerra sia persa.
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