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venerdì 27 giugno 2014
Permessi per l'assistenza. Legge 104/92. I parenti entro il terzo grado possono usufruire dei permessi qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti,
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Direzione Generale per l'attività ispettiva
Prot. 37/0011688 del 26/6/2014
Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – art. 33, L. n. 104/92, come modificato dall’art. 24, L. n.
183/2010 – diritto alla fruizione di tre giorni di permesso mensile per l’assistenza di persona con
handicap in situazione di gravità – parenti o affini entro il terzo grado.
L’ANQUAP e la CIDA hanno avanzato istanza d’interpello per conoscere il parere di questa
Direzione generale in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 33, comma 3, L. n. 104/1992, così
come modificato dall’art. 24, L. n. 183/2010, concernente il diritto del lavoratore dipendente di
fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito per l’assistenza al familiare con handicap in
situazione di gravità.
In particolare, gli istanti chiedono se l’estensione del diritto in argomento al parente o affine
entro il terzo grado prevista dalla disposizione sopra citata possa prescindere dalla eventuale
presenza nella famiglia dell’assistito di parenti o affini di primo e secondo grado che siano nelle
condizioni di assisterlo, dovendo dunque essere esclusivamente comprovata una delle particolari
condizioni del coniuge e/o dei genitori della persona in situazione di gravità richieste dalla norma
stessa.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale delle Relazioni Industriali e dei
Rapporti di Lavoro, si rappresenta quanto segue.
In via preliminare, al fine di fornire la soluzione al quesito avanzato occorre muovere dalla
lettura dell’art. 33, comma 3, così come modificato dell’art. 24, comma 1, lett. a), L. n. 183/2010.
La disposizione prevede che “a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a
tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in 2
situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado
qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano
compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o
siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto
da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa”.
Da quanto sopra si evince che sono legittimati a fruire dei permessi per l’assistenza a persona
in situazione di gravità prioritariamente il coniuge e il parente o affine entro il secondo grado. Nei
casi in cui i genitori o il coniuge della persona da assistere si trovino in una delle condizioni
individuate dal Legislatore (abbiano compiuto i 65 anni di età, siano affetti da patologie invalidanti,
siano deceduti o mancanti) la fruizione dei permessi è possibile da parte di un parente o affine entro
il terzo grado.
Si precisa che può fruire dei permessi in argomento il parente o affine entro il terzo grado
anche qualora le condizioni sopra descritte si riferiscano ad uno solo dei soggetti menzionati
dalla norma.
Ciò in quanto, sotto un profilo ermeneutico, il Legislatore utilizza la disgiuntiva per indicare
le condizioni che consentono l’estensione del diritto ai permessi al terzo grado di parentela o
affinità (cfr. Dip. Funzione pubblica circ. n. 13/2010).
Inoltre, una diversa interpretazione – cioè consentire l’estensione al terzo grado solo quando
tutti i soggetti prioritariamente interessati (coniuge, parente o affine entro il secondo grado) si
trovino nella impossibilità di assistere il disabile – finirebbe per restringere fortemente la platea dei
soggetti interessati.
Alla luce delle osservazioni svolte, si ritiene pertanto che al fine di consentire la fruizione dei
permessi ex art. 33, comma 3, L. n. 104/1992 ai parenti o affini entro il terzo grado debba essere
dimostrata esclusivamente la circostanza che il coniuge e/o i genitori della persona con
handicap grave si trovino in una delle specifiche condizioni stabilite dalla medesima norma, a
nulla rilevando invece, in quanto non richiesto, il riscontro della presenza nell’ambito
familiare di parenti o affini di primo e di secondo grado.
IL DIRETTORE GENERALE
(f.to Paolo Pennesi)
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