23 Ottobre 2016 | di Ester Trevisan su Professione Docente
Valutazione sì, ma soltanto se basata su metodi scientifici e slegata da logiche di premialità e competitività che non giovano alla qualità dell'insegnamento, dell'offerta formativa e di tutto il sistema dell'istruzione pubblica. E' questa la posizione comune espressa dagli esperti intervenuti al convegno nazionale "Valutazione, merito e carriera dei docenti: quale futuro nella Buona Scuola?", organizzato dalla Gilda degli Insegnanti e dall'Associazione Docenti Art.33 il 5 ottobre scorso a Roma in occasione della Giornata Mondiale dell'Insegnante istituita dall'Unesco.
All'incontro, che si è svolto al centro convegni "Carte Geografiche" alla presenza di una folta e attenta platea di docenti provenienti da tutta Italia, hanno partecipato in qualità di relatori Giancarlo Cerini, Ispettore tecnico e direttore della “Rivista dell'istruzione”; Andrea Gavosto, Direttore della Fondazione Giovanni Agnelli; John Polesel, Professore di Politiche Educative all'Università di Melbourne; Fabrizio Reberschegg, Presidente dell'Associazione Docenti Art. 33.
Nel suo intervento dal titolo "Il sistema nazionale di valutazione: prime evidenze e linee di sviluppo", Cerini ha sottolineato che "il carattere nazionale del sistema di valutazione adottato in Italia è garanzia costituzionale perchè raccomanda di coltivare una visione d'insieme, unitaria". Secondo l'Ispettore, dunque la valutazione "non deve essere interpretata come ossessione docimologica ma declinata come occasione per confrontare i diversi sistemi scolastici allo scopo di sviluppare i punti di forza e migliorare quelli deboli". "La valutazione esterna – ha aggiunto Cerini - ha il compito di rendere più trasparente il funzionamento delle scuole attraverso la pubblicazione dei dati. E' chiaro che serve una mediazione comunicativa con le famiglie degli studenti, ma l'obiettivo non è stilare una graduatoria di scuole per consentire ai genitori di scegliere quella in cui iscrivere i propri figli, bensì di offire a ogni scuola la possibilità di dare il meglio di sè e di realizzare, quindi, la migliore scuola possibile sotto casa".
Alla domanda posta nel titolo del suo intervento "La valutazione della scuola: a cosa serve e perchè è necessaria all'Italia?", Gavosto ha risposto affermando "la valutazione sicuramente serve alla scuola italiana ma a condizione che non sia associata alla premialità. Usare questo strumento per distribuire premi crea un disallineamento fra la valutazione della scuola e quella del dirigente scolastico rispetto agli insegnanti. Dall'esterno – ha sottolineato il presidente della Fondazione Agnelli - non si può valutare il contributo che un singolo docente può apportare ai risultati scolastici". Secondo Gavosto "occorre slegare il piano di valutazione delle scuole dal tema della premialità e la valutazione deve riguardare le scuole, non gli insegnanti perchè l'insegnamento è un lavoro di squadra e come tale deve essere valutato: si giudica il risultato della squadra, non quello del singolo giocatore".
Critico circa l'efficacia delle prove standardizzate cui vengono sottoposti gli studenti, Polesel ha analizzato i limiti e gli effetti della valutazione oggettiva sui sistemi di istruzione. "Il problema dei test Invalsi e della valutazione delle scuole – ha detto l'esperto australiano - è che è molto difficile utilizzarli per giudicare i docenti. Anche in Australia chi prepara i test selettivi sostiene che non sono uno strumento idoneo per misurare la qualità di una scuola o di un insegnante. Possono rivelarsi utili per decidere se c'è bisogno di un intervento, per aiutare i ragazzi o una scuola in difficoltà, però farli ogni anno e pubblicare i risultati non è positivo perchè così – ha spiegato – si crea una classifica delle scuole mettendole in competizione tra loro". Secondo Polesel, inoltre, rendere pubblici i risultati dei test non giova al miglioramento e accentua sempre di più il divario tra scuole di serie A e scuole di serie B: "C'è chi sostiene che questi dati aiutino i genitori a scegliere dove iscrivere i propri figli, ma la scuola non è un mercato, ci sono sempre famiglie che hanno più capacità di scelta di altre e sono sempre quelle di ceto più elevato ad avere gli strumenti culturali necessari per capire qusti dati".
Di carriera dei docenti e merito a livello europeo ha parlato, invece, Reberschegg che ha analizzato i modelli di autonomia scolastica e di gestione delle istituzioni scolastiche in relazione alle progressioni di carriera, mettendo a confronto i vari sistemi europei: mediterraneo, che include Francia, Portogallo e Grecia; anglosassone di stampo liberista; tedesco e dei Paesi del Nord Europa (Belgio, Norvegia, Svezia, Danimarca e Austria); spagnolo.
Riferendosi all'Italia, il presidente dell'Associazione Art.33 ha ricordato che il neonato Piano Nazionale di Formazione degli Insegnanti stabilisce che la formazione diventerà un elemento fondamentale per la carriera dei docenti. "E' evidente – ha affermato - che ci troviamo di fronte a un paletto importante del quale dobbiamo discutere. Si può discutere di eventuali modelli di avanzamento di carriera che vadano al di là della semplice progressione per anzianità, ma riteniamo che l'anzianità di servizio, pur non essendo l'unico elemento che può definire le differenze e le articolazioni della futura carriera del docente, debba essere considerata come elemento essenziale".
"La valutazione delle scuole e dei docenti – ha commentato al termine del convegno Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti – è questione che bisogna affrontare con metodo scientifico e non in maniera propagandistica come purtroppo sta avvenendo adesso in Italia. La Gilda, per esempio, ritiene che quelli destinati al bonus siano soldi sprecati perchè non affrontano in maniera scientifica il problema".
Riferendosi poi ai risultati dell'indagine "Un anno di Buona Scuola: la riforma all'esame degli insegnanti", realizzata dall'istituto Swg per conto della Gilda e presentata nel corso del convegno, Di Meglio ha sottolineato che questi dimostrano quanto gli insegnanti non condividano la riforma. "Mi auguro – ha dichiarato il coordinatore nazionale - che anche il Governo prenda atto di questa situazione e compia un'analisi obiettiva delle criticità della legge 107/2015, perchè nessuna riforma può andare avanti con successo se non è condivisa dagli insegnanti".
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