Gilda

lunedì 23 marzo 2015

Ddl Buona Scuola. Un iter avventuroso. Un impianto culturale conservatore. C'è la 'mission' manca la 'vision'



Ddl Buona scuola/1. Un iter avventuroso

L’esordio del Disegno di legge che ha lasciato ‘basita’ (parole sue) il ministro dell’Istruzione per il subitaneo abbandono dell’ipotesi del doppio provvedimento (decreto legge più disegno di legge) è stato faticoso, tanto che non si è ancora del tutto certi che il testo sul quale lavorerà nei prossimi giorni la commissione Cultura della Camera sia quello che è circolato venerdì scorso, e che Tuttoscuola ha tempestivamente pubblicato insieme alla relazione tecnica ( http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/archivio.cgi?action=doc&ID=35595&q=disegno ) e a un dossier (http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/disp.cgi?ID=35588 ) che contiene 21 schede analitiche, un lessico delle principali novità e i link ad altri material i.
Ma se l’esordio è stato faticoso, il percorso che attende il ddl potrebbe esserlo ancora di più, tanto che molti danno per scontata la riproposizione del decreto non appena apparirà certo che i tempi di approvazione del ddl non saranno tali da consentire di effettuare in tempo utile le nomine per il prossimo anno scolastico.
Sembra infatti difficile che il ‘traino’ delle misure urgenti che riguardano il personale possa convincere i molti critici della ‘Buona Scuola’ renziana – tra i quali ci sono anche parlamentari che fanno parte della maggioranza che sostiene il governo – a non intervenire nel merito delle centinaia di novità contenute nel disegno di legge e a non presentare emendamenti.
Bisogna anche tener conto delle lungaggini procedurali e delle iniziative ostruzionistiche che saranno quasi certamente adottate dai parlamentari delle opposizioni di destra e di sinistra, dalla Lega al Movimento 5 Stelle. Forza Italia, stando a quanto assicurato dalla sua responsabile scuola Elena Centemero, non ricorrerà a tecniche ostruzionistiche, ma non rinuncerà a sostenere i propri emendamenti.



Ddl Buona scuola/2. Un impianto culturale conservatore

Se dal punto di vista strutturale e organizzativo la Buona Scuola di Renzi presenta numerose novità (caricate peraltro in buona parte sulle spalle di Dirigenti scolastici che non sono stati preparati per gestirle), non altrettanto si può dire della sua dimensione culturale e valoriale, della ‘filosofia’ che la ispira.
Significativa, a tale proposito, appare l’analisi lessicale (http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/disp.cgi?ID=35608 ) condotta da Tuttoscuola sul testo del ddl, che mostra una netta prevalenza di termini/concetti che riguardano la dimensione organizzativa della Buona Scuola e il ruolo dei soggetti che in essa agiscono (autonomia, insegnanti, dirigenti scolastici, studenti) rispetto a quelli che fanno riferimento alle finalità del processo formativo. Termini come uguaglianza, equità, tempo pieno non compaiono mai nel testo, mentre il richiamo al merito, pur citato dieci volte, resta sempre abbastanza generico.
Di fatto, come Tuttoscuola ha già fatto notare nella newsletter della scorsa settimana, non ci sono nel ddl vere novità ‘strategiche’ né per quanto riguarda gli ordinamenti (durata e tipologia dei percorsi) né per ciò che attiene ai piani di studio, che vengono non solo confermati nella loro attuale struttura ma, con riferimento a numerose discipline, in vario modo “potenziati”, “valorizzati”, “incrementati”.
Un impianto insomma conservatore, sul quale vengono innestati, con un approccio che appare eminentemente addizionale ed enciclopedico, altri insegnamenti (arte, musica, diritto ed economia) e obiettivi trasversali di apprendimento, dalle competenze digitali all’educazione ambientale, come prevede il minuzioso e in certo senso minaccioso articolo 2 del ddl. 

 Ddl Buona scuola/3. C’è la ‘mission’. Manca la ‘vision’

Se la ‘Buona Scuola’ rende esplicita, fin dalla sua stessa denominazione, qual è la mission della riforma – in estrema sintesi: affermare la centralità dell’educazione per il futuro del Paese, rendere effettiva l’autonomia soprattutto organizzativa delle singole istituzioni, responsabilizzare i dirigenti scolastici, aumentare la trasparenza…) – non altrettanto si può dire della vision che la ispira, che sembra anzi mancare quasi del tutto. Per vision intendiamo l’orizzonte strategico della riforma, la o le idee guida che la caratterizzano, la capacità di innovare guardando al futuro, la proiezione internazionale delle misure che si intende assumere.
Da questo punto di vista ci sembra che la riforma dica assai poco, perché si limita a “potenziare” e integrare l’esistente col rischio, già evidenziato da Tuttoscuola, di “imbottire” (http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/archivio.cgi?action=doc&ID=35555&q=imbottito ) lo studente, di creare teste ben piene (sempre che resistano all’overdose curricolare) anziché ben fatte. Forse, ma con alcune cautele e riserve, gli unici due elementi di vision che è possibile individuare nel ddl sono l’apertura pomeridiana delle scuole e la possibilità per esse di caratterizzare la propria offerta attraverso i piani triennali, con un organico strutturato in funzione di tale offerta e la possibilità di chiamare i docenti anziché riceverli passivamente, come avvenuto finora. Anche il piccolo passo avanti fatto sul finanziamento delle scuole paritarie potr ebbe essere letto com e un elemento di vision se preludesse (come per ora non fa) a un diverso sistema di finanziamento di tutte le scuole pubbliche, statali e paritarie.
Indichiamo, per chiarezza, alcuni esempi di misure che a nostro avviso potrebbero esprimere unavision forte e davvero innovativa:
- la riduzione della durata del percorso scolastico da 13 a 12 anni (indicata anche da Giuseppe Bertagna nell’intervista rilasciata a Tuttoscuola http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/archivio.cgi?action=doc&ID=35582&q=bertagna ), magari attraverso un anno ponte con il segmento post secondario;
- l’eliminazione in radice delle ripetenze prevedendo l’ammissione all’anno scolastico successivo anche in presenza di voti (o giudizi) negativi su una o più materie, con obbligo di frequenza di corsi di recupero;
- la personalizzazione dei curricoli attraverso la riduzione, e non l’ampliamento, delle discipline, e la possibilità per lo studente di scegliere quelle su cui impegnarsi di più, come proposto anche da Alessandra Cenerini, presidente ADI, da noi interpellata in proposito (Cenerini (ADI) sul Ddl: dilettanti allo sbaraglio...);
- la conseguente sostituzione dell’esame di maturità (a 18 anni) con un sistema di certificazione delle competenze, utile anche in funzione dell’orientamento verso studi o attività successive.
Un esempio di riforma ispirata a una vision forte ci giunge proprio in questi giorni dalla Finlandia, dove si è deciso di sperimentare, nella secondaria superiore (16-18 anni), il superamento delle tradizionali materie distinte (lingua materna e straniera, matematica, scienze, storia ecc.), cioè il ‘teaching by subjects’ con argomenti che si prestino ad essere trattati con approccio multidisciplinare (‘teaching by topics’). A Helsinki si è deciso di far studiare, per esempio, il topic ‘l'Unione europea’ che comprende moduli di economia, politica, lingue, storia e geografia.

(da TuttoScuolaNEWS) 




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