Il concorso straordinario per l’assunzione dei docenti è il vero punto della discordia e si sconta anche qui la mancata comunicazione con il sindacato”. Il coordinatore nazionale della Gilda, Rino Di Meglio, chiede che si arrivi a una selezione per titoli che consenta di mettere i docenti neoassunti a lavorare in ruolo dal 1 settembre per poi procedere con una successiva prova selettiva, quale conferma, simile a ciò che avveniva con il Fit. “Il meccanismo che sta mettendo in piedi il ministero – insiste Di Meglio – è invece un po’ pericoloso perché formare commissioni, istituire la vigilanza in locali adatti, promuover spostamenti in varie province è rischioso per il contagio e tra l’altro il maggior numero dei posti è dove c’è la pandemia”.
Segretario Rino Di Meglio, a proposito di pandemia, è orgoglioso di come i docenti hanno condotto in questi mesi difficili la didattica a distanza?
“La stragrande maggioranza dei docenti ha fatto quel che poteva. La didattica a distanza non è certo il mezzo normale e non è il mezzo del futuro. Il rapporto diretto tra gli insegnanti e i loro alunni è insostituibile, come il ruolo di socializzazione della scuola. La didattica a distanza è importante per gestire un’emergenza come quella che stiamo vivendo, e va bene. La nota stonata è stata da parte di qualche dirigente che ha burocratizzato eccessivamente la situazione con la produzione di modulistica che si poteva evitare. Come al solito, la burocrazia riesce a rovinare tutto e del resto durante l’emergenza succede sempre che c’è chi s’improvvisa, ma devo dire che la maggioranza dei dirigenti si è ispirata al buon senso”.
E’ vero anche che tanti docenti, stando a quanto si legge, hanno fatto poco, per vari motivi, e pure lo rivendicano in rete
“Questi colleghi hanno sbagliato. Nell’emergenza si deve fare quel che si può fare con i mezzi che ci sono. E i mezzi non c’erano dappertutto. C’è una notevole differenza tra gli alunni provenienti dai ceti sociali che sono ben attrezzati e i più poveri che vivono in 50 metri quadri con tante difficoltà rispetto ai mezzi e al suo utilizzo. La didattica a distanza, inoltre, ha voluto dire entrare nella intimità della famiglia che non è una cosa usuale. Poi la scuola è un universo. Abbiamo i bambini piccolini della primaria e poi quelli più grandi, alle medie e superiori, con età diverse, diverse possibilità di uso dei mezzi e diverse capacità di attenzione. Talvolta ci si è dovuti improvvisare”.
Ora si pongono nuovi quesiti sulla valutazione. Che cosa ne pensa?
“Non è chiara la situazione. La normativa di base non è stata modificata ma sappiamo che è stata garantita la promozione a tutti. Posso pure capirlo, quello che abbiamo criticato è l’effetto annuncio. Che l’anno scolastico vada in cavalleria va bene ma probabilmente c’è stata impreparazione e scarsa conoscenza dei meccanismi scolastici in chi ha gestito la cosa”.
Si riferisce alla ministra, quando vi siete incontrati l’ultima volta?
“Questa ministra è allergica ai sindacati. Abbiamo avuto un primo incontro, quando ci ha chiamati alle 8 del mattino e ci ha dato sette minuti a testa per parlare. Poi abbiamo avuto un secondo incontro a distanza ed è andato peggio che mai anche lì in un tempo limitato ha bacchettato i sindacati dicendo che a sua volta era stata bacchettata dai sindacati. Al di là degli incontri con il ministro neppure il Capo Gabinetto ci ha convocati ed è stata spiacevole la sorpresa di leggere le comunicazioni sulla stampa”.
Voi sindacati però avete chiesto la rimozione di una delle Circolari sulla DaD, la Circolare Bruschi del 17 marzo scorso, perché da voi ritenuta illegittima.
“E su questo siamo stati attaccati, peraltro sul sito dell’Indire che è un ente pubblico, da dieci dirigenti scolastici come se fossimo contrari alla DaD. Invece avevamo chiesto di ragionare sulle linee guida, almeno in merito al diritto di discutere queste regole. La circolare Bruschi dava delle linee guida ma riteniamo che prima si dovesse incontrare con i sindacati, come del resto succede in tutti i settori”.
Ma non è che ce l’avete con la tecnologia?
“Il fatto è che ormai con le tecnologie a scuola c’è gente che si mette in carriera e si deve far vedere proprio per far carriera. Non c’è più il cursus honorum. Se avessimo persone che son tutte tecnologicamente avanzate sarebbe qualcosa. Dietro la tecnologia ci dev’essere un cervello se no non serve a niente. Si vede e si sente di tutto e di più. Quando è successa la pandemia stavamo già vivendo la rivoluzione digitale, con novità buone e meno buone ed è difficile giudicare un fenomeno mentre lo si vive. La pandemia poi ci ha sorpresi, avere le tecnologie è stato utile, se ci fosse stata trent’anni orsono…”.
Già. Come avremmo fatto trent’anni orsono?
“Non lo so, ma non è mai successo di bloccare la scuola, mia madre ha fatto gli esami sotto i bombardamenti, forse la fantasia ci avrebbe fatto trovare qualche strumento. In questa circostanza la tecnologia digitale è stata utile, senza di essa saremmo stati più tristi e inutili. Anche i sindacati grazie alle tecnologie stanno tenendo i contatti interni ed esterni”.
Allora pensa che si stia esagerando.
“C’è chi fa troppo e chi fa poco. Occorre tenere conto delle esigenze degli alunni e del lavoro degli insegnanti. C’è bisogno di regole e non sappiano l’anno prossimo come andrà a finire”.
Però insisto: come sarà il prossimo anno?
“Non riesco davvero a immaginarlo. Se non si troverà un vaccino dovremo fare i conti con il distanziamento sociale e con la sicurezza. E sarà una sicurezza di difficile gestione in una comunità come la scuola. Se fossi un ministro mi affiderei a esperti seri e poi lascerei spazio alla creatività. In qualche luogo si può fare scuola all’aperto, in altri no. In alcune strutture c’è la sicurezza e in altri no. Altro esempio: i centri commerciali hanno adottato il termoscanner per rilevare la temperatura corporea, ma come si fa nelle scuole, considerando che si contano 42.500 plessi?”
Si è passati dalla richiesta autunnale della telecamera alla richiesta dei termoscanner
“E sono strumenti che costano milioni e i problemi sono tantissimi”.
Come sarà l’esame di Stato secondo lei? La ministra ha fatto capire che lo vuole in presenza.
“Bisognerebbe considerare se se c’è una scuola con grandi spazi e che magari ha sede in una regione priva di contagi, questo è un fatto. In altre situazioni le cose cambierebbero, potrebbero mettersi insegnanti e allievi in una situazione di pericolo. Occorrerebbe al momento opportuno prevedere responsabilmente delle decisioni diverse a seconda di come è conformata la scuola”.
Sarebbe possibile questo tipo di esame di Stato differenziato?
“Non lo so, non abbiamo nessuna indicazione. Mi auguro che ci sia saggezza e che ci sia il minor rischio possibile”.
Ma non sarebbe più coerente, con la soddisfazione ministeriale per com’è andata finora la Dad, concludere l’anno proprio con l’esame in modalità a distanza, proprio per dare maggiore dignità al lavoro svolto finora?
“Sono d’accordo. Peraltro, se si prevede di confermare la didattica a distanza a settembre prossimo, occorrerebbe fare gli esami a distanza, francamente non ho idea di quale possa essere l’ostacolo. Se ci fosse un dialogo con il ministero potrei dirlo ma non possiamo saperlo, non possiamo certo andare a indovinare”.
Cos’altro la preoccupa in questo momento?
“Mi preoccupa il fatto che stanno votando in Parlamento una legge che consenta di svolgere validamente gli organi collegiali a distanza, con la precisazione che la cosa vale solo per l’emergenza. La preoccupazione è che invece si possano continuare a fare le riunioni collegiali online anche in futuro”.
Guardi che molte scuole le facevano anche prima
“Può pure essere che alcune scuole autonome le facessero, nulla lo vieta, ma non può essere una prassi normale. C’è un concetto semplice: il rispetto del diritto alla disconnessione. Fuori dal lavoro c’è il diritto alla vita privata”.
Torniamo al presente, qui si litiga sui concorsi. Qual è il modo migliore secondo lei per mandare in cattedra di ruolo decine di migliaia di docenti, considerando che a settembre le cose saranno piuttosto impegnative, con un numero spropositato di cattedre prive di titolare?
“Guardi, nei primi sette minuti del colloquio che abbiamo avuto con la ministra Azzolina si è detto che verrà autorizzato un certo numero di posti ma in realtà le assunzioni saranno molte di meno, come l’anno scorso quando ai 42000 posti autorizzati sono poi seguite solo 19000 assunzioni perché le graduatorie non sono commisurate al fabbisogno, non ci sono gli aspiranti al posto giusto e questo capita perché il meccanismo dei concorsi è farraginoso e lungo e finisce che per farli, invece dei sei mesi, ci vogliano due anni e quando va bene. La polemica è tra chi voleva un’immissione d’urgenza per chi ha tre anni di servizio e chi invece un concorso, per dare spazio al merito nella scuola. E allora bisogna distinguere tra il concorso ordinario e quello straordinario”.
Cominciamo con il concorso ordinario
“Il concorso ordinario non è ipotizzabile che finisca per quest’anno scolastico, è partito tardi. Poi voglio vedere chi trovano a ferragosto come commissario, dopo quel che stiamo passando con la pandemia, e per una retribuzione misera. La verità è che non ci sarà un solo vincitore di concorso che il primo settembre potrà dirsi in cattedra. Ci troveremo a settembre con un supplente precario su cinque docenti”.
Per garantire continuità continuità didattica agli alunni intanto si potrebbero confermare gli stessi docenti precari sulle stesse cattedre. Esistono eventuali diritti ostativi, di ipotetici controinteressati?
“Se loro ci sono, sarebbe meglio confermare i docenti sulle stesse scuole e sulle stesse classi, questo fu già fatto in passato. Quanto ai controinteressati non penso ci sia il problema anche perché nel frattempo non c’è stato un aggiornamento delle graduatorie”.
Veniamo al concorso straordinario
“E’ il vero punto della discordia e si sconta anche qui la mancata comunicazione con il sindacato. Noi abbiamo proposto il nostro punto di mediazione, che ci pareva saggio: cioè effettuare subito una selezione per titoli e mettere i docenti a lavorare in ruolo dal 1 settembre e fare la prova selettiva successivamente quale conferma, simile a ciò che avveniva con il Fit. Il meccanismo che sta mettendo in piedi il ministero è invece un po’ pericoloso perché formare conmissioni, istituire la vigilanza in locali adatti, promuover spostamenti in varie province è rischioso per il contagio e tra l’altro il maggior numero dei posti è dove c’è la pandemia. Ovvio che ci auguriamo tutti che quest’estate possiamo andare in spiaggia. Magari può darsi che chi sta al governo sa che a luglio la pandemia sarà finita…”.
Fonte: OrizzonteScuola
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