Siamo al secondo anno di attuazione della legge 107/2015 ed alcune novità introdotte dalla cosiddetta Buona Scuola andando a regime dimostrano quanto esse siano disastrose per tutta la comunità scolastica (e anche per le fortune politiche di chi l’ha pensata e fatta approvare)
| di Gianluigi Dotti
Quando devo occuparmi della legge cosiddetta “La Buona scuola” (la n. 107 del 2015) non posso fare a meno di ricordare una lettura di qualche anno fa: il testo di Carlo Maria Cipolla “Allegro, ma non troppo”, sottotitolo “Le leggi fondamentali della stupidità umana”, pubblicato dal Mulino nel 1988.
L’autore, storico dell’economia che ha pubblicato numerosi saggi per il Mulino e ha insegnato alla Scuola Normale superiore di Pisa e alla Berkeley, sostiene nell’introduzione che l’umanità rispetto a tutti gli altri esseri viventi ha “il privilegio di doversi sobbarcare un peso aggiuntivo, una dose extra di tribolazioni quotidiane, causate da un gruppo di persone che appartengono allo stesso genere umano”. Quale sia questo gruppo si intuisce chiaramente dagli argomenti che l’autore sviluppa nel seguito del libro.
Nella terza legge fondamentale (che definisce aurea), servendosi di un grafico nel quale “l’asse delle X misura il guadagno che tizio ottiene dalla sua azione. L’asse Y mostra il guadagno che un’altra persona, o gruppo di persone, sperimenta in seguito all’azione di Tizio”, enuncia il presupposto che l’umanità sia divisa in 4 categorie fondamentali: “gli sprovveduti, gli intelligenti, i banditi e gli stupidi”.
Gli sprovveduti sono coloro che da un’ azione ricavano una perdita, ma arrecano un vantaggio ad un’altra persona o gruppo. All’opposto i banditi, come è facilmente intuibile, depredano gli altri per arricchire sé stessi. Entrambe queste categorie non riducono né aumentano il valore complessivo per l’umanità. Gli intelligenti sono coloro che perseguendo un utile per sé stessi procurano un vantaggio anche ad altri, gli unici che aumentano il valore complessivo. Infine gli stupidi sono coloro che causano “un danno ad un’altra persona o gruppo di persone e senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita”.
Siamo al secondo anno di attuazione della legge 107/2015 ed alcune novità introdotte dalla cosiddetta Buona Scuola andando a regime dimostrano quanto esse siano disastrose per tutta la comunità scolastica (e anche per le fortune politiche di chi l’ha pensata e fatta approvare).
Prendiamo ad esempio il “bonus merito”, 200 milioni di euro ogni anno che dovevano servire per premiare gli insegnanti migliori, così da poter dire che finalmente si era introdotta la meritocrazianella scuola.
Ad oggi sono state elargite sia per il 2015/16 sia per il 2016/17 solamente l’80% delle risorse in quanto una causa promossa dalle OOSS sui criteri per la distribuzione delle somme ha prudentemente suggerito al MIUR di accantonare una parte del fondo per eventuali integrazioni e correzioni che il giudice potrebbe chiedere.
I soldi arrivati alle scuole che effetto hanno prodotto? Sono serviti davvero a premiare gli insegnanti più bravi? Nella scuola si è introdotta la meritocrazia? La scuola funziona meglio e gli studenti migliorano grazie al “bonus merito”?
Da insegnante permettetemi di avere molti dubbi e di rispondere negativamente alle domande formulate sopra.
Infatti, il meccanismo individuato dalla legge 107/2015 prevede che un Comitato di valutazione formato da dirigente scolastico, docenti, genitori, alunni e un esperto (che è ovunque un altro ds, nonostante la norma prevedesse fosse scelto tra docenti, ispettori e ds) formuli i criteri di individuazione dei docenti più bravi.
Senza nulla togliere all’impegno e alla buona fede dei docenti che sono stati eletti, in questi due anni scolastici le prime prove di questi comitati sono state un disastro totale. I comitati che hanno fissato i criteri più strampalati sono finiti sulla stampa specializzata e non, ma per tutti gli altri si è trattato nel migliore dei casi di stabilire criteri che scimmiottano la distribuzione del FIS, cioè di un aggiuntivo misurato sulla quantità e non sulla qualità. Nella “follia del merito” c’è stato perfino chi ha ipotizzato questionari anonimi per far valutare i docenti dagli alunni.
Il lavoro di questi comitati (novelli cultori della docimologia) si è sviluppato tra riunioni (senza alcun compenso, naturalmente), dove i due dirigenti spesso la facevano da padrone, per predisporre tabelle e calcoli e per cercare un’obiettività impossibile da realizzare. Gli stessi docenti che sono stati eletti nei comitati hanno subito oltre al danno (aver lavorato gratuitamente) anche la beffa perché quando venivano pubblicati i nominativi e i compensi dei premiati (spesso il ds ha premiato chi voleva) venivano contestati dalla stragrande maggioranza degli insegnanti della scuola che non aveva avuto alcun premio.
Del resto come altrimenti sarebbe potuta andare una partita nella quale il presidente della società e l’allenatore hanno schierato in campo giocatori che non hanno mai visto un pallone? La valutazione dei docenti, là dove si fa seriamente, è un processo molto complesso e costoso. Necessità di esperti formati in un lungo percorso, anche nelle singole discipline insegnate, e di interventi periodici di supporto e accompagnamento. Nulla di tutto questo abbiamo avuto con il “bonus merito”, ma i membri dei comitati di valutazione reclutati sul campo si sono ritrovati a dover individuare i criteri di un processo di valutazione che non possono essere in grado di conoscere perché fanno tutt’altro nella loro vita professionale.
La ricaduta sul processo di apprendimento degli alunni ad oggi è difficilmente valutabile, ma la sensazione è che non abbia prodotto alcun miglioramento. Anzi è certo che la modalità premiale del “bonus merito” non convince gli insegnanti che per l’80% sono contrari (sondaggio Gilda/SWG del 2016) e ha prodotto la rottura di quel clima di collaborazione che è indispensabile per far funzionare le scuole e ottenere buoni risultati con gli alunni. I docenti, e sono la stragrande maggioranza, che si sono visti escludere dal riconoscimento di “buon insegnante” da un comitato e da un ds che ritengono non preparati a valutare la professionalità docente stanno limitando la loro partecipazione alle attività della scuola. Questo temo potrebbe avere ricadute negative sulla preparazione e la motivazione degli studenti.
A questo punto, credo che non sia necessario spiegare perché la 107/2015 mi fa pensare al libro di Cipolla e alle sue considerazioni sulla stupidità umana.
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