Gli auguri non sono di rito, anzi. E l’in bocca al lupo non è scontato, perché Dio sa quanto c’è bisogno di mettere mano alla situazione della scuola. Grande rispetto, insomma, per Stefania Giannini che s’insedia in queste ore alla guida del Miur, e per il lavoro che l’aspetta nei prossimi mesi. Rispetto non solo come ministro politico, essendo ormai una leader di partito e segretaria di Scelta Civica. Ma anche – in un certo senso – come ministro tecnico, in quanto docente universitaria ed ex rettore dell’università per stranieri di Perugia. Il terzo rettore negli ultimi tre anni alla guida del dicastero di viale Trastevere, dopo le esperienze di Francesco Profumo e Maria Chiara Carrozza. Due ministri che – senza giri di parole – non è che abbiano lasciato un grande segno o un grandissimo ricordo.
Rispetto, allora. Anche perché Stefania Giannini, 54 anni portati bene, rappresenta un Governo che si insedia sotto la bandiera del fare e del fare in fretta.
Certo il lavoro che l’aspetta fa tremare le vene e i polsi. E’ vero: la Giannini ha alle spalle vent’anni di attività nelle università. Nel 1991 è diventata Professore Associato di Glottologia e Linguistica e nel 2004 è diventata rettrice a Perugia, dove è rimasta fino all’aprile del 2013. Ma tutto ciò non basta a farle avere - diciamo così - i favori del pronostico. I problemi irrisolti che trova nel settore dell’istruzione sono parecchi. E i soldi a disposizione pochi. La questione degli ex Lsu, la contrattazione per la copertura degli scatti di anzianità dei docenti, i decreti attuativi del decreto Istruzione sono alcune fra le questioni più urgenti con le quali dovrà fare i conti il nuovo ministro, al quale toccherà pure affrontare il non secondario nodo del rinnovo del contratto di lavoro del comparto. Per non parlare dell’università.
Lei, da parte sua, probabilmente non conoscendo le indicazioni del primo ministro, che aveva raccomandato silenzio e pochi annunci, appena uscita dal Quirinale s’è data da fare. Tre interviste a grandi quotidiani – la Repubblica, il Messaggero e il Mattino – per dire però subito che con lei la musica è cambiata. Pochi soldi a disposizione? “Un Paese non può spendere 275 miliardi in pensioni e 53 in istruzione” – ha detto a Repubblica.
Ed ha aggiunto: “La prima cosa che farò entrando in viale Trastevere? Studierò. Come una secchiona. Intendo la macchina”. E non si può certo dire che il proposito non sia da lodare. “Sì ai licei in quattro anni, è un modello internazionale. La consultazione sulla scuola, invece, mi lascia scettica”.
E poi l’affondo che non ti aspetti: “il modello scatti d’anzianità va rivisitato con coraggio. Premi a chi si impegna, chi si aggiorna, chi studia. Tutti i mestieri che si rispettino prevedono premi. Valutazione e autonomia delle scuole, sul serio. Le scuole devono diventare università: gestire, scegliere”.
(da: TuttoscuolaNEWS)
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