“Fino a quando la politica continuerà a essere miope e a considerare le voci di bilancio riguardanti l’istruzione come una spesa invece che come un investimento, al nostro Paese mancheranno basi solide su cui costruire il futuro”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commenta i dati del rapporto Ocse ‘Education at a Glance 2019’ che evidenziano una retrocessione dell’Italia in termini di risorse stanziate per scuola e università.
“Dall’indagine Ocse emerge che dal 2010 al 2016 la spesa per l’istruzione è calata del 9%: invece di ingranare marce per accelerare il cammino del nostro Paese, ci muoviamo come i gamberi. Impietoso anche il confronto con gli altri Paesi dell’area Ocse, dove in media a scuola e università viene destinato il 5% del Pil, mentre in Italia la percentuale scende al 3,6. Si tratta di numeri che impongono alla nostra classe politica una riflessione seria che deve essere seguita con urgenza da interventi strutturali in grado di invertire la rotta”.
Altro tema caldo affrontato dal rapporto Ocse, l’età media della classe docente che in Italia supera i 50 anni. “Per invertire il trend - spiega Di Meglio - la Gilda propone di impiegare in attività di tutoraggio dei colleghi più giovani gli insegnanti ai quali mancano cinque anni per andare in pensione. Si tratta di un’operazione che non comporterebbe alcun onere aggiuntivo per lo Stato. Inoltre, si potrebbe concedere la possibilità di cumulare metà pensione e part time a tutti i docenti che si trovano nell’arco dei cinque anni dal raggiungimento del requisito pensionistico". "Questa soluzione, già adottata in altri Paesi europei, - prosegue il coordinatore nazionale della Gilda - consentirebbe di liberare rapidamente cattedre a tempo parziale, agevolando l’ingresso di docenti giovani”.
Riferendosi, infine, al 68% degli insegnanti interpellati dal rapporto Ocse secondo i quali migliorare i salari dovrebbe essere una priorità, Di Meglio rivolge un appello al nuovo Governo affinché garantisca un dignitoso aumento stipendiale che colmi l’ingiusto divario con le altre categorie di lavoratori del pubblico impiego.
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