1. Siamo tutti Charlie/1. L’11 settembre dell’Europa
Un frattura epocale, uno strappo inaudito nella storia e nella coscienza/autocoscienza dell’Europa. La strage mirata di Parigi non ha colpito solo la Francia dell’impertinente e indipendente Charlie Hebdo, ma l’Europa della tolleranza, del multiculturalismo e delle libertà: di opinione, di fede religiosa, di stampa, di satira, di educazione. Valori protetti nelle Costituzioni e nelle leggi degli Stati democratici europei usciti dalla notte dei totalitarismi del Novecento.
L’impatto mediatico e psicologico degli eventi parigini è stato enorme, paragonabile quasi a quello che ha segnato la storia (e la politica) degli Stati Uniti d’America con l’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre 2001.
L’avversario è lo stesso, ma non è uno Stato (non lo era l’Iraq, non lo è l’ISIS), bensì il fondamentalismo islamico, l’idea che tutti e tutto (la politica, le leggi, la morale) debbano essere sottomessi al volere e ai disegni di un unico Dio, quello autoritario e intollerante rappresentato da una lettura tradizionalista e dogmatica del Corano.
Ma se nel caso degli Stati Uniti l’obiettivo degli attentati terroristici (attentati omicidi ma anche suicidi, non dimentichiamolo) era principalmente la ricchezza, l’egemonia economica degli USA, nell’assalto alla rivista satirica francese si deve ravvisare soprattutto un attacco frontale al modello politico-culturale liberaldemocratico affermatosi in Europa negli ultimi secoli: laico, pluralista, tollerante, multireligioso ma anche – anche questo non va dimenticato – erede di una visione della persona (unica, irripetibile) che affonda le sue radici nella tradizione giudaico-cristiana.
L’esatto contrario di quel disciogliersi dell’individuo in un soggetto collettivo – l’ecumene dei ‘fedeli’ – che giustifica e addirittura esalta gli attentati suicidi, la ‘bella morte’ in nome di Allah e di una causa comune, superindividuale. E’ evidente che questa problematica è del massimo interesse per chi si occupa di educazione e per i tanti insegnanti che in questi giorni incontreranno gli sguardi interrogativi dei loro alunni, spaventati ma anche ansiosi di capire.
2. Siamo tutti Charlie/2. Lo scontro di civiltà è sul modello educativo
Forse è improprio, per non dire sbagliato, presentare quanto accaduto in Francia (e prima negli USA e in altri luoghi del mondo di cui si parla meno) come una prova della validità e attualità della teoria di Samuel Huntington sullo ‘scontro di civiltà’ (Clash of Civilizations, 1996) perché gran parte dei musulmani che vivono in Europa condivide sostanzialmente i valori e le regole che caratterizzano i Paesi nei quali si sono inseriti, e il fondamentalismo islamico si è fatto Stato in poche e circoscritte situazioni. Il resto è terrorismo fanatizzato di piccole minoranze o addirittura di individui.
Tuttavia non c’è dubbio che la visione del mondo e della vita dell’Islam (che significa letteralmente sottomissione, obbedienza) si pone in forte contrasto con quella attivistica, imprenditoriale, secolarizzata che caratterizza l’Occidente da diversi punti di vista: economico, politico, culturale e anche pedagogico. Anzi, è forse proprio sul modello pedagogico che si manifesta la massima distanza tra la visione islamica – soprattutto nella sua versione più integralista – e quella delle liberal e social-democrazie occidentali, come mostra la vicenda di Malala, adolescente pakistana e musulmana (ma moderata) quasi uccisa dai talebani per aver difeso il diritto delle donne ad essere educate alla pari degli uomini.
Non è casuale che nell’ultimo e già citatissimo romanzo di fantapolitica di Michel Houllebecq, intitolato proprio Sottomissione (Soumission), uscito il 7 gennaio, lo stesso giorno dell’assalto a Charlie Hebdo, il vincitore musulmano delle elezioni presidenziali francesi del 2022 (la sconfitta è Marine Le Pen), ancorché politicamente moderato, tenga per sé un solo ministero: quello dell’educazione, e che il protagonista del racconto, un professore universitario, si converta all’Islam, sia pure per convenienza, insieme a molti altri intellettuali.
Un comportamento opportunistico che richiama alla memoria un altro grande libro francese, La trahison des clercs (Il tradimento dei chierici) di Julien Benda, uscito nel 1927, nel quale si condannava proprio la debolezza degli intellettuali nei confronti del potere. Il saggio di Benda fu purtroppo profetico, alla luce di quanto accadde in Europa e in Francia negli anni trenta e quaranta. La grande risposta di massa data in Francia e in tutta Europa all’attacco a Charlie Hebdo lascia tuttavia pensare che la profezia di Houllebecq non si realizzerà. Ma occorrerà un’Europa più convinta e più orgogliosa della sua identità culturale.
(da TuttoScuolaNEWS)
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