Gilda

lunedì 19 gennaio 2015

La patologia della irregolarità di avvio dell’anno scolastico mina la continuità didattica. È possibile normalizzare l’avvio dell’anno scolastico?



C’è una questione non trattata nel documento governativo sulla Buona Scuola, ma che vorremmo venisse comunque realizzata come una delle condizioni prioritarie per assicurare il funzionamento di una buona scuola: la regolarità di avvio dell’anno scolastico.

Organico funzionale? Stabilizzazione dei precari? Riconoscimento del merito professionale? A cosa servirebbero questi nobili obiettivi di innovazione del sistema scolastico se restasse come male cronico, come patologia insanabile, la precarietà dell’inizio dell’anno scolastico, che si protrae da decenni quasi ovunque per due-tre mesi almeno minando in moltissimi casi la continuità didattica?

È vero che ogni anno tra novembre e dicembre questa precarietà lentamente si dissolve e quasi ovunque torna la regolarità, ma nel frattempo quasi un terzo dell’anno scolastico se n’è già andato.

Questa precarietà è data, soprattutto, da tardive assegnazioni di insegnanti e dal subentro degli aventi diritto che scalzano i supplenti già nominati.

E la formuletta della nomina di “supplenza fino all’avente diritto” è l’espediente usato per coprire i ritardi delle procedure amministrative.

Conseguentemente, in attesa di disporre del pieno organico stabilizzato, in molte scuole secondarie funziona l’orario provvisorio per almeno un mese (a volte due). Mentre in molte scuole primarie e secondarie funziona l’orario ridotto (a volte anche a ottobre inoltrato).

La precarietà prolungata dell’avvio dell’anno scolastico, caratterizzata da docenti con la valigia e dal balletto dei supplenti, fa comprensibilmente infuriare i genitori degli alunni e disorientare i capi d’istituto, sconsolati e impotenti di fronte al “carosello” degli insegnanti, ma viene ormai accettata con rassegnazione come una questione di ordinaria normalità, mentre invece è la conseguenza di una disfunzione imperdonabile del sistema scolastico italiano.

E in questo modo il diritto degli alunni viene subordinato ai riti delle procedure e agli interessi del personale. Si può cambiare? Si deve!

 È possibile normalizzare l’avvio dell’anno scolastico?

La precarietà di avvio dell’anno scolastico che umilia la continuità didattica ormai è diventato un male organizzativo della nostra scuola “normale”, accettato, a cui ci si è abituati senza cercare di cancellarlo radicalmente, sperando, con poca convinzione, che possa essere un po’ contenuto.
In molti casi la generale presenza di tutti i docenti al loro posto in cattedra si ha verso metà novembre. Le scuole più fortunate (poche) dispongono stabilmente di tutti i docenti (di ruolo e non) ai primi di ottobre.

Ritardi che compromettono il diritto degli alunni alla continuità didattica e ledono anche gli stessi interessi del personale. Ore di insegnamento perse, programmi portati avanti a singhiozzo, disagi. Moltiplicando gli effetti scuola per scuola, anno per anno, i danni immateriali sono incalcolabili.

Bisogna assolutamente arrivare al 1° settembre con tutti (tutti!) i docenti già in cattedra senza che arrivino poi altri aventi diritto o, da fuori provincia, altri docenti in assegnazione provvisoria.

Come? Cominciando tutte le procedure di gestione del personale (mobilità, nomine in ruolo, conferimenti supplenze annuali e fino al termine delle attività) molti mesi prima.

Poiché i vari adempimenti sono tra di loro concatenati, a cominciare dai trasferimenti per finire con le supplenze annuali, il primo provvedimento (contratto integrativo sulla mobilità con relativa ordinanza) deve essere emanato entro il primo mese di scuola. Assurdo? No, se si vuole.

La procedura di mobilità del personale può cominciare subito dopo e concludersi con i trasferimenti e i passaggi a febbraio-marzo, cioè quattro mesi prima di quanto avviene attualmente.
Subito dopo potrebbero esserci le nomine in ruolo e le assegnazioni provvisorie/utilizzazioni.

I conferimenti di supplenza annuale si potrebbero definire entro l’inizio dell’estate.

A settembre, tutti in cattedra.

Non è utopia, ma una soluzione doverosa, che richiede la rischedulazione di alcune prassi consolidate. Ma si può fare, non è che stiamo chiedendo di festeggiare il Natale il 25 agosto.
Per una scuola al servizio delle famiglie, e non della burocrazia.
(da TuttoscuolaNews)



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