Il numero di maggio ha una parola chiave: cultura. Una sorta di chiamata alle armi (del pensiero) per fronteggiare un mondo complesso e complicato che si presenta sotto false spoglie. Oggi, ci ribadiscono coloro che hanno collaborato con noi a questo numero, la cultura, il sapere (e non i saperi di belingueriana memoria) sono imprescindibili non solo per la dimensione personale ma soprattutto per quella collettiva. L’ ignoranza che ha preso spazio in questo mondo di bugie colossali, di illusioni, di inganni alimentati da un web tiranno e da una scarsa consapevolezza civica danneggia non solo i singoli ma tutta la collettività, vittima di opinioni sbagliate, spesso anche arroganti e aggressive.
Ci vuole cultura e ci vuole cultura a scuola. Il tasto è dolente ma è di quelli da tenere sempre fermi e fissi nei pensieri e nei discorsi, perché non è stato sempre così scontato. C’ è stato un periodo in cui qualcuno- e per carità di patria non facciamo nomi- ha sostenuto che l’ idea della trasmissione della cultura a scuola fosse obsoleta e che la funzione del docente dovesse modernizzarsi e diventare quella di un mediatore culturale. Che la cultura ormai fosse quella del web (sic). Oggi, per fortuna, si fanno sentire molto di più le voci critiche, ricevendo ascolto e consenso. Oggi si comincia a capire che il web è luogo di fake news, delle bufale a buon mercato, dell’ indottrinamento commerciale.
Che solo la scuola pubblica statale, luogo e istituzione destinati secondo i principi costituzionali a trasmettere la cultura e a educare i giovani al pensiero critico, può assolvere a questo compito. Non le agenzie educative, non i vari e variegati Istituti , non il mercato. Per tutti questi motivi, abbiamo insistito sul tema.
Così Vincenzo Balzani, professore emerito, uno dei 100 Chimici più citati al mondo; Lorenza Carlassare, professore emerito di Diritto costituzionale; Fabrizio Tonello, docente all’ Università di Padova; Emilio Pasquini, professore emerito di Letteratura italiana, si soffermano, nei loro contributi, sull’ importanza della cultura, anche- e soprattutto- negli aspetti relativi alle forme del discorso. E’ fondamentale dunque parlare bene per ragionare bene, come chiarisce Gianluigi Dotti nel suo intervento sulla lettera dei 600 Docenti universitari che hanno lanciato l’ allarme sul parlare male dei giovani. Cultura è anche ragionare sull’ asse storico della Storia della Scuola, così ci aggiorna da tempo Piero Morpurgo.
La scuola, in Italia, è ancora lì in bilico dopo la legge della buonascuola e dopo i Decreti delegati applicativi: sempre orientata ad alleggerire le incombenze degli studenti, a rendere tutto più facile e, nel contempo, a trasformare la funzione del docente in senso peggiorativo, come ci racconta Fabrizio Reberschegg. Mentre Marco Morini ci ragguaglia sul fatto che anche negli Stati Uniti, dopo l’ elezione di Trump e la nomina della nuova Ministra dell’ Istruzione la scuola non sta molto bene, essendo destinata- come pare- ad affermare il regno di Dio (…).
Se il male sembra essere comune, non vi è tuttavia alcun gaudio. Per quel che ci riguarda continueremo a Lottare con coerenza e serietà (Il punto di Gianluigi Dotti), forti dei successi che otteniamo come la sentenza del TAR del Lazio che ha obbligato il MIUR a consegnare alla Gilda il famoso algoritmo usato nei trasferimenti selvaggi dell’ anno scorso, perché- come dice la sentenza- un algoritmo non è segreto di Stato.
Continueremo anche a criticare, perché la funzione di un’ associazione professionale è quella di verificare ciò che non va e purtroppo, negli ultimi anni, la materia non è mancata.
Renza Bertuzzi
Ci vuole cultura e ci vuole cultura a scuola. Il tasto è dolente ma è di quelli da tenere sempre fermi e fissi nei pensieri e nei discorsi, perché non è stato sempre così scontato. C’ è stato un periodo in cui qualcuno- e per carità di patria non facciamo nomi- ha sostenuto che l’ idea della trasmissione della cultura a scuola fosse obsoleta e che la funzione del docente dovesse modernizzarsi e diventare quella di un mediatore culturale. Che la cultura ormai fosse quella del web (sic). Oggi, per fortuna, si fanno sentire molto di più le voci critiche, ricevendo ascolto e consenso. Oggi si comincia a capire che il web è luogo di fake news, delle bufale a buon mercato, dell’ indottrinamento commerciale.
Che solo la scuola pubblica statale, luogo e istituzione destinati secondo i principi costituzionali a trasmettere la cultura e a educare i giovani al pensiero critico, può assolvere a questo compito. Non le agenzie educative, non i vari e variegati Istituti , non il mercato. Per tutti questi motivi, abbiamo insistito sul tema.
Così Vincenzo Balzani, professore emerito, uno dei 100 Chimici più citati al mondo; Lorenza Carlassare, professore emerito di Diritto costituzionale; Fabrizio Tonello, docente all’ Università di Padova; Emilio Pasquini, professore emerito di Letteratura italiana, si soffermano, nei loro contributi, sull’ importanza della cultura, anche- e soprattutto- negli aspetti relativi alle forme del discorso. E’ fondamentale dunque parlare bene per ragionare bene, come chiarisce Gianluigi Dotti nel suo intervento sulla lettera dei 600 Docenti universitari che hanno lanciato l’ allarme sul parlare male dei giovani. Cultura è anche ragionare sull’ asse storico della Storia della Scuola, così ci aggiorna da tempo Piero Morpurgo.
La scuola, in Italia, è ancora lì in bilico dopo la legge della buonascuola e dopo i Decreti delegati applicativi: sempre orientata ad alleggerire le incombenze degli studenti, a rendere tutto più facile e, nel contempo, a trasformare la funzione del docente in senso peggiorativo, come ci racconta Fabrizio Reberschegg. Mentre Marco Morini ci ragguaglia sul fatto che anche negli Stati Uniti, dopo l’ elezione di Trump e la nomina della nuova Ministra dell’ Istruzione la scuola non sta molto bene, essendo destinata- come pare- ad affermare il regno di Dio (…).
Se il male sembra essere comune, non vi è tuttavia alcun gaudio. Per quel che ci riguarda continueremo a Lottare con coerenza e serietà (Il punto di Gianluigi Dotti), forti dei successi che otteniamo come la sentenza del TAR del Lazio che ha obbligato il MIUR a consegnare alla Gilda il famoso algoritmo usato nei trasferimenti selvaggi dell’ anno scorso, perché- come dice la sentenza- un algoritmo non è segreto di Stato.
Continueremo anche a criticare, perché la funzione di un’ associazione professionale è quella di verificare ciò che non va e purtroppo, negli ultimi anni, la materia non è mancata.
Renza Bertuzzi
Nessun commento:
Posta un commento